Gli anni scorrono come lacrime sulle mie guance bianche,
e l'angoscia apparecchia sul mio stomaco e inzia a rosicchiarmi l'anima.
Non capisco cosa mi riduce in questo stato di pre-morte.
Ci rifletto, niente, cerco di non pensarci, niente.
Il tempo guarisce ogni cosa dicono.
Arriverà in tempo per trovare ancora qualche briciola delle mie speranze?
Mi alzo, cammino, sono stanco, mi siedo, dormo, sono stanco.
Domani è un altro giorno, un altro giorno uguale a oggi.
Mi illudo, spero, ci credo, mi abbatto, cado, mi rialzo, mi illudo.
L'illusione in fondo è una piacevole compagna, senza di lei questo mondo grigio sarebbe buio.
Cerco continuamente spalle su cui appoggiarmi, ma le persone sembrano fatte di aria
e finisco sempre per cadere sul fondo, quel fondo che conosco bene, dove oramai mi sento a mio agio.
Annaspo e tremo, sorrido mentre affondo. Il niente diventa il mio tutto,
il tutto è lì davanti ai miei occhi, devo solo allungare la mano e prenderlo,
ma non ce la faccio, forse non voglio. Aspetto. Cosa? Sono stanco di aspettare.
Il mio stereo ormai suona solo canzoni malinconiche, le parole perdono di significato,
come la mia vita, che mi scorre davanti, mentre la osservo aldilà di un vetro appannato.
E gli anni continuano a scorrere, le mie guance non sono più bianche come prima, e di lacrime nemmeno l'ombra.
(L'autore non è specificato perché ne sono io stesso l'artefice.)